lunedì 26 marzo 2007

Pet Shop Boys - Always on my mind

Siamo stati spesso accusati di scrivere canzoni 'malinconiche':… ingannevolmente ottimiste è forse una definizione più accurata". Le parole di Neil Tennant (Newcastle, 10-7-1954), contenute nelle note all'antologia Discography (1991), riassumono lo spirito di un progetto che nella sua sottile "testardaggine" va avanti da quasi 25 anni- dall'agosto del 1981, quando Tennant, giovane firma di Smash Hits, incontra in un negozio di



elettronica londinese lo studente di architettura Chris Lowe (Blackpool, 4-10-1959). Tennant è un sostenitore di David Bowie e del glam-rock, mentre Lowe ha interessi più vicini agli ultimi fuochi della disco; il loro punto d'incontro sono i dischi prodotti da una figura di culto dell'underground elettronico americano, Bobby "O" Orlando, che al tempo inondava letteralmente il mercato con produzioni disco-punk e gruppi prestanome come The Flirts (arriverà anche a produrre alcuni 45 giri di Divine, il transessuale reso famoso dai film di John Waters). Grazie al proprio lavoro Tennant riesce nel 1983 a incontrare Orlando, che si mostra interessato ai demo embrionali di futuri pezzi storici come "Opportunities".

Tra il 1983 e il 1985, Tennant e Lowe producono una gran quantità di demo che saranno alla base di tutta la loro produzione futura, e pubblicano il singolo "One More Chance" e una prima versione, un po' rozza, di "West End Girls", con un discreto successo in Europa che accresce le loro ambizioni. Insoddisfatti delle precarie condizioni di lavoro con Orlando, che secondo Tennant "non possedeva neanche una drum-machine", suscitano l'interesse della Emi e del produttore Stephen Hague, che rielabora "West End Girls" e produce il loro primo album, Please (1986). "West End Girls" è un debutto memorabile che stabilisce il canone della loro scrittura, fatta di sezioni fluide che ricordano a tratti i Pink Floyd di "Wish You Were Here", di un equilibrio geniale tra minimalismo e "wall of sound" spectoriano. Il brano si apre e si chiude con una sovrapposizione in crescendo di bordoni di synth; il sample di passi e voci sfocia senza soluzione di continuità nel ritmo della drum-machine, e i sintetizzatori, quasi arrivati alla fine del loro percorso, lasciano spazio a una linea di basso efficacemente definita "bouncy", gommosa, e all'alternarsi di due soli accordi che costituiscono il nucleo della canzone. Il testo della canzone accosta immagini minacciose all'idea di un ricordo storico, alla visione di Londra come cuore di un potenziale rivoluzionario inteso come desiderio e autoconvincimento illusorio e volontà di comunicazione; i personaggi dei testi di Neil Tennant nascono e muoiono nel giro di una canzone e nel frattempo sono alla ricerca di una comunicazione ossessiva con l'ascoltatore. La vocalità pop e rap, la sua enfasi, viene nella stessa misura triturata ed esaltata. "West End Girls" è il primo brano rap cantato da un bianco non americano a raggiungere il n. 1 in America.
L'interlocutoria "Love Comes Quickly", ricca di melodia, lascia spazio nella seconda metà del 1986 a due singoli più importanti nella definizione della poetica del duo: la citata "Opportunities" si apre con delicatezze ritmiche in stile Jarre, per trasformarsi repentinamente in un saggio di ritmi elettronici aspri e incalzanti, che però non ostacolano il progredire perfettamente pop della canzone: il sapore è quello di un discorso e di un incontro con personaggi che vanno verso il nulla ma mentre ci incontrano ci rivolgono veri e propri discorsi, in un modo solo apparentemente intenso, lineare, convincente. Il testo è infatti un ritratto perfettamente ironico della generazione yuppie, un'antifrasi che non tutti hanno colto come tale e che ha contribuito a cementare l'immagine dei Pet Shop Boys come simboli dell'edonismo reaganiano: il ritornello "I've got the brains/ You've got the looks/ let's make lots of money" esplode quasi con arroganza, i synth suonano quasi come un fischiettare sarcastico, le parti vocali sono particolarmente sinuose e su tutto emerge la tipica struttura melodica dei Pet Shop Boys, che nella massima parte dei pezzi scrivono utilizzando delle proprie ascese musicali e numerosi arpeggi in crescendo che però al momento del massimo sviluppo si interrompono brutalmente.



La lunga "Suburbia" porta all'estremo la formula del periodo aggiungendo per la prima volta i fiati, sia veri che sintetici, che col passare del tempo diventeranno sempre più importanti, e rafforza l'enorme successo commerciale che conduce al secondo Lp, Actually (1987): più pop e leggermente meno elettronico, è un album piuttosto diseguale e non del tutto maturo, anche se arrangiamenti e spazi orchestrali hanno uno spazio assai maggiore che nel debutto. Il brano che traina il disco è sicuramente l'esplosiva "It's A Sin", violenta satira anticattolica ("everything I've ever done/ everything I ever do/ every place I've ever been/ everywhere I'm going to/ it's a sin"), nella quale i synth riproducono le sonorità di cori e organi, ma anche i suoni di potenziali fiammate infernali, trasformate in un in uno sberleffo apocalittico e patetico. I "beat" suonano come degli schiaffi, ma anche come un invito (implicito) a non prendere sul serio il tutto. Il brano si apre con un sample della Nasa e si chiude con la lettura di un "mea culpa".
Actually genera altri singoli di successo come le più leggere "What Have I Done To Deserve This?" (duetto con Dusty Springfield) e "Heart", ma soprattutto lancia la cadenzata, riuscitissima "Rent", una "canzone d'amore mercenario" musicalmente vicina ai Kraftwerk di "The Model", e passata alla storia per uno dei refrain più geniali di tutta la storia del pop: "I love you/ you pay my rent". La vena di critica sociale si riflette lungo tutto l'album, culminando nei salti d'umore e nel sarcasmo verso il pop di "Hit Music", che si apre in puro stile Stock-Aitken-Waterman per rallentare il ritmo a ogni strofa fino a una chiusura alla Terry Riley, e nella cupa "King's Cross", uno dei primi esempi di "anthem song" del duo, che prende ispirazione da una delle più malfamate stazioni ferroviare londinesi (pochi mesi dopo l'uscita dell'album e di uno sfortunato film sperimentale a esso collegato, "It Couldn't Happen Here", nel quale la canzone era accompagnata dalle immagini di un uomo in fiamme-un altro richiamo floydiano?-, la stazione, con le sue strutture ancora in legno, prese effettivamente fuoco causando la morte di diverse persone). Ma il duo trova anche spazi di divertimento: un gusto surrealista per gli accostamenti emerge alla fine del 1987 con una stravolta cover di un brano di Elvis Presley, "Always On My Mind", preso di mira da gustose linee di sequencer e da un riff che è ormai distintivo del gruppo.

L'ispirazione del duo è ai massimi livelli, ma quello che passa alla storia è soprattutto l'intelligenza con cui Tennant e Lowe rileggono il proprio tempo e l'esplosione della cultura postmoderna come se fossero già proiettati negli anni 90. Nei video non fanno altro che camminare per strada a testa bassa, con aria indifferente. Rifiutano sostanzialmente le luci della ribalta, eppure sono onnipresenti nei media; Tennant veste in giacca e cravatta, ma scrive pezzi sui paninari e satire su Margaret Thatcher ("compri e vendi la nostra storia, non è difficile/ consulti la City poi cambi la legge/ tutto è in vendita, l'ho sentito alla Camera dei comuni/ stiamo comprando, stiamo c-o-m-p-r-a-n-d-o", in "Shopping"). Le citazioni talvolta affettate di Satie, Brecht, Beckett, Shostakovich sono controbilanciate dai ritmi energici ma impassibili di Lowe. L'impressione è che Tennant e Lowe abbiano preso le redini dell'estetica robotica di Gary Numan e dei Kraftwerk, icone che proprio allora cominciano a entrare in crisi creativa, rileggendola dal profondo, in modo estremamente brillante.
I detrattori del gruppo li hanno sempre accusati di scarso impegno creativo, di contraddizioni ideologiche, e di voler mascherare intenti commerciali dietro pretese di artisticità a tutti i costi; la risposta del duo è stata spesso, con tipica ironia, "siamo sempre stati inconsistenti, a ogni modo".

Nell'estate 1988 esce Introspective, uno dei capolavori elettronici del duo, 50 minuti di contaminazione tra le radici disco e la marea montante dell'acid-house prodotti da Trevor Horn, mente degli Art of Noise: "Left To My Own Devices", "I'm Not Scared" (portata al successo anche dagli Eight Wonder di Patsy Kensit) e soprattutto l'esaltante "It's Alright" sono dei tour de force produttivi senza un solo rallentamento, dove ogni battito è calcolatissimo senza esserlo, e Tennant parla di solitudine, tempeste, chihuahua e rivoluzioni in arrivo, tra gli incessanti bordoni del fairlight di Lowe e trascinanti crescendo orchestrali , in un'atmosfera quasi estiva, insolitamente gioiosa e ottimista per il gruppo. La dance si fa pop come mai prima, anche quando i brani superano i 10 minuti di durata: l'apparente contraddizione tra il crescente intimismo dei testi e le orchestrazioni gioiose di Lowe è il loro punto di forza, e consente di trasformare ogni brano in un vero e proprio slogan rituale. "Left To My Own Devices", in particolare, è esemplare della fase "epica" del gruppo: il divertimento in studio traspare soprattutto dal passaggio quasi kubrickiano tra la sezione iniziale, orchestra e pianoforti che imitano lo stile cromatico di Debussy e una cantante d'opera che ripete la parola "house", e la trascinante parte centrale in cui Lowe alterna due-accordi-due e Tennant accosta immagini volutamente teatrali e camp come "Che Guevara and Debussy to a disco beat". Qui Tennant e Lowe costruiscono la loro "A Day In The Life" elettronica, senza risparmio di mezzi, lasciando che i brani si succedano l'uno all'altro come in una suite pop non diversa dalla crescita di ambizioni sperimentata da gruppi come i Tears For Fears.

Nel 1989 scrivono e producono un album per Liza Minnelli intitolato "Results", nel quale la forza compositiva del gruppo non sempre compensa le occasionali cadute nel ridicolo dovute all'enfasi interpretativa della Minnelli; più riuscito è il lavoro con l'interprete soul degli anni 60 Dusty Springfield ("Son Of A Preacher Man") per il suo Lp "Reputation", dello stesso anno.
Nello stesso tempo gli iperattivi Tennant e Lowe preparano un tour diretto dal regista di "Caravaggio", Derek Jarman, e scrivono senza sosta: Behaviour, registrato tra la Scozia, Londra e Monaco, posti non propriamente gioiosi, sarà molto più pacato, riflettendo soprattutto la fine del loro decennio d'oro e l'apertura di una fase che dal puro electropop degli esordi richiede ora una maturazione musicale e ritmi più complessi. Al disco lavorano figure del calibro di Johnny Marr (col quale i Pet Shop Boys collaboreranno anche nell'avventura degli Electronic), Harold Faltermeyer e Alexander Balanescu. Compaiono timidamente le prime chitarre, ma il loro uso, ridotto ai minimi termini, ha il sapore di una dichiarazione di intenti. I testi del periodo sono infatti soprattutto riflessioni sul mondo del rock, un mondo che Tennant conosce per i suoi trascorsi nella stampa musicale, e che non perde occasione per distinguere (ma non troppo) da quello del pop. "How Can You Expect To Be Taken Seriously?", col relativo video, si prende gioco delle rockstar impegnate a salvare le foreste con concerti via satellite, come Sting e Bono. Gli U2 sono ancora presi di mira l'anno successivo con una perfida cover di "Where The Streets Have No Name", trasformata in un incrocio tra i Talking Heads e Moroder, e che sfocia nell'inno disco "Can't Take My Eyes Off You". (E' diventata celebre la risposta di Bono: "What have we done to deserve this?"). Tra accenni al funk e ballate per pianoforte, l'atmosfera del disco è plumbea, rotta solo da isolati episodi molto moroderiani come "So Hard". Behaviour è come una cortina fumogena nella quale non c' è più bisogno di vedere le cose ma di sentirle; il piano quasi soppianta le tastiere e i falsetti prendono il posto dei vocoder. Il capolavoro dell'album è senza dubbio la superba "Being Boring", rilettura di "West End Girls" che in qualche modo apre la strada verso i Pet Shop Boys degli anni 90, decisamente meno freddi e più diretti negli intenti, pur nel mantenimento della formula di base. In una struttura circolare nella quale fanno capolino chitarre dai suoni pesantemente riverberati, l'uso del piano elettrico e di sintetizzatori di prima generazione crea un suono vicino agli anni 70 che avvolge alla perfezione una melodia di una bellezza estrema e si accompagna al solito percorso a tappe autobiografico, basato stavolta su una citazione di Zelda Fitzgerald: "She refused to be bored chiefly because she was never boring. She was concious that the things she did were the things she'd always wanted to do". E' l'inizio dei Pet Shop Boys retrospettivi e con uno spazio crescente riservato nei testi alla sessualità e allo spettro dell'Aids, evidente in liriche come "I never dreamt/ that I would get to be/ the creature that/ I always meant to be/ but I thought/ In spite of dreams/ you'd be sitting somewhere here with me". Una delle migliori canzoni sull'amicizia mai scritte, come una "Bridge Over Troubled Water" riletta attraverso il filtro di "Song For Guy" di Elton John.

Il 1991 è l'anno di un tour mondiale chiamato "Performance" che crea ammirazione e polemiche soprattutto negli Usa: tipicamente, in scena non c'è nessun musicista, ma scenografie spettacolari, ambientazioni teatrali, ballerini e travestimenti surreali e talvolta oltraggiosi, per la regia di David Alden, controverso esponente dell'English National Opera. Dopo una pausa che alimenta voci di divisioni interne,i Pet Shop Boys ritornano nel 1993 con quello che in retrospettiva è il loro canto del cigno: si chiama Very, viene trascinato dalla famigerata cover di "Go West" dei Village People, che ritorna alle atmosfere solo apparentemente spensierate di Actually. Identificati fino a quel momento da un naturalismo anti-anni Ottanta, nel momento in cui il naturalismo grunge emerge anche nello stile, i Pet Shop Boys si reinventano opponendosi radicalmente a esso: video e copertine vedono ora Tennant e Lowe alle prese con video vicini a quelli di Peter Gabriel e costumi bizzarri, cappelli a punta e tute plastificate che in qualche modo li avvicinano ai Devo. La musica non presenta sostanziali innovazioni, se non per il fatto che la leggerezza delle ritmiche anni 90 imposte come standard dai Depeche Mode di "Violator" non viene di fatto seguita da Tennant e Lowe, che proseguono il loro cammino tornando a un suono molto stratificato e non troppo lontano da quello del decennio precedente. Nel disco spiccano soprattutto le complesse "Can You Forgive Her?" (titolo preso in prestito dal romanzo dello scrittore Anthony Trollope) e "Young Offender", ma c'è spazio soprattutto per divertimenti in studio e sarabande dal gusto sixties come "I Wouldn't Normally Do This Kind Of Thing" e "One And One Make Five", con grande spazio per cori e armonie stranianti in un nuovo "muro del suono" elettronico, spinto ai limiti della confusione.
In omaggio alle prime copie di Very, appare un Ep intitolato Relentless, quasi completamente opera di Lowe, contenente vari strumentali che segnano il passaggio dalla house di fine anni 80 a una techno un po' più pesante e frammentaria. Una preziosa retrospettiva su b-sides e outtakes sparse intitolata Alternative esce nell'agosto 1995 e apre una prospettiva diversa sul gruppo, dando spazio soprattutto a episodi piuttosto oscuri e spesso ispirati all'eros, come "A Man Could Get Arrested", la psichedelica "The Sound Of The Atom Splitting" (derivata dal film di Derek Jarman "The Last Of England") e soprattutto la vorticosa "We All Feel Better In The Dark", registrato nel 1990 e dal quale verosimilmente hanno attinto Madonna e Lenny Kravitz per la loro "Justify My Love".

I dischi successivi, ovvero il pasticciato Bilingual (1996), con influenze latine e di world-music ("Red Letter Day" clona "Go West" utilizzando il coro di stato russo, la bella "Comes As A Surprise" fa incontrare Grace Jones e Astrud Gilberto, la mini-suite "Discoteca/Single" dà la loro visione personale della jungle) e Nightlife (1999), quest'ultimo contenente "New York City Boy", scintillante pastiche dei Village People, convincono poco, riproponendo (anche nei video) la formula di Very, ma senza l'effetto sorpresa, e con una certa stanchezza soprattutto a livello melodico.

Sempre meno interessati al principio dell'"album" in sé, i due lord guardano altrove: nel 2001 portano in scena un musical scritto con Jonathan Harvey, "Closer To Heaven", su tematiche omosessuali, accolto male dalla critica, ma con un buon successo di pubblico.
Release (2002) è il miglior album dai tempi di Behaviour, il primo vero tentativo di distacco da un electropop che ormai li riconosce come maestri, ma nel quale forse loro non si riconoscono più completamente. Il ritorno di Johnny Marr spinge l'album in una direzione acustica: mai così tante chitarre, ritmi pacati, (a volte) persino una vera sezione di basso e batteria. Il ritorno a una vena melodica brillante lo si vede nel singolo "Home And Dry" e in brani insolitamente delicati come "E-Mail", "Birthday Boy" (dai vaghi echi di Nick Drake) e "The Night I Fell In Love" (nel quale si immagina che Eminem sia gay) e "You Choose", vicina ai Simply Red.

La condizione attuale dei Pet Shop Boys è in qualche modo figlia della loro ambiguità: icone seconde solo a Bowie e a Madonna nell'arte di reinventarsi e di dividere il pubblico, diventate tali rifiutando costantemente di esserlo, ugualmente interessati e ironici verso le critiche feroci che suscitano e verso il pubblico a loro favorevole. Nel "trittico delle meraviglie" elettroniche originatosi negli anni 80, insieme a Depeche Mode e New Order, i Pet Shop Boys occupano una posizione solo apparentemente più defilata, consolidata nel tempo da un sodalizio umano molto forte, da capacità melodiche e produttive spesso superiori a quelle delle altre band del genere, oltre che da numerosissime collaborazioni (Blur, Liza Minnelli, Dusty Springfield, David Bowie, Tina Turner, Electronic, Suede, Rammstein, ma anche cineasti e registi teatrali come Neil Jordan, Derek Jarman, David Alden e Gus Van Sant), da un potenziale multimediale cresciuto nel tempo (il loro ultimo progetto è una nuova colonna sonora per il classico del cinema muto "La Corazzata Potemkin" di Eisenstein) e soprattutto da un'appartenenza al postmoderno che diventa occasione per deridere il postmoderno stesso, in una circolarità infinita e godibilissima: non a caso la loro ultima antologia, contenente due discreti inediti ("Miracles" e la sarcastica "Flamboyant") è divisa in due cd intitolati "Pop" e "Art".

Fundamental (2006), presentato come una sorta di sequel sonoro e tematico di Actually, non riesce però a riprodurne i fasti e la geniale freschezza, affidandosi invece alla macchinosa produzione dell'ormai stagionato Trevor Horn. Il suono non si allontana eccessivamente da quello di "Release" ma perde in freschezza, mentre nei testi si segnala un recuperato cinismo "classico" che però si sposa a fatica con le pigre autocitazioni musicali di "I made my excuses and left", "Twentieth century" e "Integral". Il singolo "I'm With Stupid" fa a pezzi Tony Blair al posto della Thatcher, eppure suona affannoso, quasi zavorrato da un richiamarsi ostinato al passato. "Luna Park" incede con la leggerezza di un salmodiare televisivo in stile Celentano, "Numb" (scritta da Diane Warren) si perde in piccoli tocchi elettronici del tutto inerti, "The Sodom and Gomorrah show" dopo un inizio promettente si avvolge su sé stessa e non si muove più.
L'unico episodio di rilievo è non a caso "Minimal", dove Tennant e Lowe ritrovano il giusto passo e trasformano una melodia non trascendentale in un saggio sonoro che riesce a fondere con eleganza i livelli alti e bassi dell'elettronica degli ultimi vent'anni, dai Kraftwerk alla dance italiana degli Eiffel 65. L'album è pubblicato anche in un'edizione speciale intitolata "Fundamentalism" in cui spicca "Fugitive", eccelsa collaborazione col produttore Richard X che non fa che accrescere i rimpianti per un disco poco riuscito, nonostante i plausi un po' strumentali della critica inglese.

Recensioni e notizie tratte dal sito Onda Rock (bellissimo e ben fatto, fortemente consigliato per gli amanti del genere)


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